Tra venti giorni, nel bel mezzo delle ferie estive, si aprirà a Cogne e in altri tre comuni del Parco del Gran Paradiso (Aymavilles, Rheme-St-Georges, Valsavarenche) l’International Nature Film Festival – Trofeo Stambecco d’Oro, nato nel 1984 e giunto quest’anno alla sedicesima edizione. Sei giorni di proiezioni (20-25 agosto), dibattiti, presentazioni di libri e incontri con gli autori, con alcune particolarità che rendono questo festival diverso dalle tante rassegne cinematografiche italiane.
Organizzato dalla Fondation Grand Paradis in collaborazione con la Regione Valle d’Aosta, il Parco del Gran Paradiso, Federparchi, e i quattro Comuni interessati, l’evento è certamente meno mondano, ma rappresenta un appuntamento fisso per gli amanti dei documentari dedicati all’ambiente.
Il premio più importante è assegnato da una giuria popolare a cui può partecipare chiunque, affiancata da una giuria di bambini che assegna il trofeo junior e da una di esperti, a cui competono i premi tecnici. I registi dei film in concorso – dieci in totale, in gran parte tedeschi, più i corti – presenzieranno tutti, ma le vere star saranno come sempre soprattutto gli animali, ripresi all’interno delle aree protette, che quest’anno, in occasione del 90° anniversario del parco del Gran Paradiso, sono il focus del festival.
Diversi documentari portano sul grande schermo la vita quotidiana degli animali, osservati mentre crescono i cuccioli, fanno il bagno nel fiume, nel periodo dell’accoppiamento o mentre escono dal letargo. Immagini belle e suggestive, spesso uniche e inedite, mai girate prima. In Norwegen, di Jan Haft, “seguiamo una mandria di buoi muschiati, li vediamo educare i loro piccoli, vagare per le montagne del Parco Nazionale del Dovrefjell, osserviamo la stagione degli amori in autunno e la loro battaglia per la sopravvivenza nel rigido inverno”, si legge nelle note del film, mentre Cerf moi fort, di Jean-Paul Grossin, racconta la stagione dell’accoppiamento autunnale dei cervi, paragonata a una sinfonia che inizia lenta e tranquilla, diventa più concitata e raggiunge di nuovo la calma.
Alcuni film sono anche l’occasione per conoscere animali spesso ignorati, come i cavalli selvatici delMünsterland, nella Germania nord-occidentale, gli ultimi selvatici del continente europeo, al centro di Die Letzten Europea (“Gli ultimi d’Europa”), di Christian Baumeister: “Queste poche centinaia di sopravvissuti, con le loro particolari strisce nere ad anguilla sulla schiena e le macchie da zebra sulle zampe, vivono indisturbati come hanno fatto per millenni.
Belli e selvaggi, mostrano come i cavalli si comportano allo stato brado, quando solo la natura seleziona i caratteri della specie”. O come la popolazione di “lupi radioattivi” del film Radioaktive Wölfe, che vivono nell’area contaminata intorno alla centrale nucleare di Chernobyl, seguiti per mesi dalla cinepresa del regista austriaco Klaus Feichtenberger.
Altri film ci restituiscono immagini uniche. In Finnland, per esempio, “Oliver Goetzl e Ivo Nörenberg hanno girato le prime immagini in assoluto di una lince nella natura selvaggia della Finlandia, hanno effettuato brillanti riprese ad alta velocità dei pulcini di quattrocchi che escono dai loro nidi sugli alberi, hanno documentato incontri emozionanti con orsi e lupi”. The Phantom Cat (“Il gatto fantasma”), sempre di Christian Baumeister “, è in assoluto il primo ritratto del giaguaro selvatico, un punto di vista senza precedenti sul suo modo di cacciare, sull’accoppiamento e sulla vita familiare, in un paesaggio incantevole, riflesso nell’acqua che sommerge le praterie del Pantanal brasiliano”.
E agli ambienti esotici sono dedicati altri due film in concorso: Le Temple de Phénix (“Il tempio delle fenici”), di François De Riberolles, racconta del vulcano Masaya, in Nicaragua, dove “la natura lotta da millenni per rinascere dalle sue ceneri”; mentre Puma!, di Uwe Müller, documenta la vita di una femmina di puma e dei suoi tre cuccioli, “a partire dal primo pasto a base di carne dei piccoli di due mesi, alla loro crescita, fino al primo successo nella caccia”.
Ma anche le vicine Alpi possono diventare lo scenario di storie inaspettate, che riflettono di come questo habitat rigidissimo sia per molte specie, per riprendere il titolo dell’unico film italiano in concorso, “Il migliore dei mondi possibili”. Il documentario di Marco Andreini e Paolo Fioratti, girato proprio nel Parco del Gran Paradiso, racconta di una flora e una fauna in grado di vivere in un ambiente molto duro: “Soprattutto nei territori di alta quota, ancora isolati e quasi intatti, sopravvive un mondo di organismi adattati a condizioni fra le più severe del pianeta. È un mondo parallelo al nostro, in cui le specie sopravvissute alle vicende climatiche del passato, allo sfruttamento del territorio e al turismo di massa, si muovono intorno a noi, ci osservano, spesso non lontano dalle nostre tracce”.
Simile il focus del film girato in Germania Die Berchtesgadener Alpen (“Le Alpi di Berchtesgaden”), anche questo di Jan Haft: “Le specie che sono sopravvissute in un ambiente così duro si sono adattate perfettamente a questo habitat. In questi luoghi cresce il celebre edelweiss e, nelle profondità del Königssee, depone le uova il misterioso Eel-pout, il pesce viviparo, un tempo specie marina, abituatosi a vivere in acque dolci dieci milioni d’anni fa”.