Oggi Yaquin è una sterminata bidonville senza fognature e acqua corrente: ospita oltre 20 mila monaci, di cui i due terzi donne.
Un luogo straordinario, una "cittadella buddista" che non esiste sulle mappe e che il governo cinese ha tentato più volte di radere al suolo.
Il quartiere femminile si trova su un lembo di terra fra due fiumi, è un villaggio di catapecchie dove vivono le monache non curanti delle loro disastrose condizioni ambientali.
Sono donne unite dalla stessa voglia di emancipazione, una libertà che sanno di poter trovare solo nella vita monacale.
Il governo cinese tiene d'occhio questo luogo di pace e ci sarebbe molto da dire sulla repressione che esercita nei confronti dei monaci, ma non è questo ciò che voglio raccontare.
Nel 2017 l'esercito cinese ha distrutto gran parte del vicino monastero di Larung, tra qualche anno anche Yaquin potrebbe non esistere più nelle sue dimensioni attuali.
Tra le 10.000 monache accovacciate al suolo, un po' in disparte sotto una scala c'è Ani Choquin Dolma.
È una delle centinaia di monache cinesi arrivate dalle ricche province dell'est.
Qui passerà i prossimi due mesi in completa solitudine, seduta nella posizione del loto, mentre fuori il vento dell'inverno comincerà a soffiare implacabile.
Dall'alto della sua postazione può abbracciare con lo sguardo l'intera vallata di Yaquin e la sterminata bidonville dove vivono le monache.
Ma per lei tutto questo è soltanto apparenza: l'immagine illusoria del mondo materiale, è altro quello che lei vede.
La forma perfettamente rotonda della baraccopoli equivale, ai suoi occhi, a un mandala sacro, rappresentazione mistica dell'universo, dal quale a ogni ora del giorno si alzano i suoni ipnotici dei mantra recitati dai fedeli in preghiera.