Riconoscimenti

DUE PROGETTI VALDOSTANI AL TRENTO FILM FESTIVAL

Si tratta di “Ninì” di Gigi Giustiniani e Raffaele Rezzonico (produzione La Fournaise) e “Sui miei passi, viaggio nell’altro Afghanistan” di Eloise Barbieri.

Buone notizie per Film Commission Vallée d’Aoste e per l’audiovisivo valdostano che consolida la propria presenza nei festival italiani e a respiro internazionale. Sono infatti due le opere selezionate al 63° Film Festival della Montagna di Trento: “Ninì” di Gigi Giustiniani e Raffaele Rezzonico (in concorso) e “Sui miei passi, viaggio nell’altro Afghanistan” di Eloise Barbieri (inserito nella sezione “Proiezioni speciali”). I due film sono stati realizzati con il sostegno di Film Commission Vallée d’Aoste. 

NINÌ

Regia: Gigi Giustiniani
Drammaturgia: Raffaele Rezzonico
Produzione: La Fournaise
Genere: documentario
Note: sostenuto dal Doc-FF Film Fund della Film Commission Valle d'Aosta, il film è stato realizzato anche grazie a una campagna di finanziamento dal basso cui hanno partecipato decine di sostenitori
Proiezioni a Trento: sabato 2 maggio alle ore 21.30 e, in replica, mercoledì 6 maggio alle ore 17.00

Sinossi - Nell'estate del 1932 Gabriele Boccalatte e Ninì Pietrasanta si incontrano sul Monte Bianco: scalano insieme, si innamorano. Da allora fino al 1936, l’anno in cui si sposano, vivono la loro grande stagione alpinistica e aprono, come compagni di cordata, alcune tra le vie più difficili delle Alpi. Ninì, una delle pochissime donne alpiniste di quegli anni, porta con sé in parete una cinepresa 16mm. Nel 1937 nasce il loro figlio Lorenzo e nel 1938 Gabriele muore, cadendo da una parete. Ninì abbandona l’alpinismo per continuare la sua vita di madre.

Qualche anno dopo la morte di Ninì, avvenuta nel 2000, il figlio Lorenzo ritrova in un baule le immagini girate dalla madre e da quelle immagini inizia una ricerca per ricostruire la storia dei suoi genitori che ha portato alla realizzazione del film.
Daniele Ietri (produttore La Fournaise) - “Per La Fournaise è un risultato importante, che ci motiva per i progetti futuri.

Per Ninì, progetto iniziato nel 2013, e per i progetti futuri il sostegno della Film Commission Valle d’Aosta è fondamentale, dal punto di vista economico e operativo. Inoltre il nostro lavoro su Ninì è stato arricchito dalla collaborazione con alcuni professionisti del territorio, tra i quali vogliamo citare sicuramente MeatBeat Studio””. 

SUI MIEI PASSI, VIAGGIO NELL’ALTRO AFGHANISTAN

Regia e produzione: Eloise Barbieri
Genere: documentario
Note: con il sostegno di Film Commission Vallée d’Aoste (Bando Doc-FF Film Fund), del CAI Centro di Cinematografia e Cineteca e in collaborazione con Montura e Zonta Club Aosta
Proiezioni a Trento: martedì 5 maggio alle ore 21.15.

Sinossi - C’è una valle in Afghanistan dove la guerra non è mai arrivata, si chiama Wakhan, una striscia di terra a volte non più larga di qualche chilometro, che si snoda tra alte montagne. Nel suo lembo estremo, sugli altopiani del Pamir, vivono gli ultimi nomadi kirghizi. Di religione mussulmana sunnita, questi pastori che un tempo si spostavano in tutta l’Asia Centrale, oggi sono isolati a più di 4000 metri di quota. Una donna occidentale vive per due mesi durante l’inverno nei loro accampamenti.

Arriva lassù con molte attese presto deluse, disorientata impara con il tempo a osservare i suoi ospiti senza preconcetti. Il film è il suo sguardo discreto su questo mondo sconosciuto, lei diventa la chiave d’accesso all’universo segreto delle donne, pur restando una spettatrice, rivela con la sua complicità e la sua sensibilità le paure e le speranze di questo popolo ignorato dal mondo moderno. 

Eloise Barbieri (regista) - “Nel 2008 sono stata per la prima volta nella Valle del Wakhan in Afghanistan, facevo parte di una spedizione alpinistica di sole donne, la seconda a tornare in questa regione dopo venti anni. Il Wakhan mi ha colpita, è una terra straordinariamente bella e terribilmente povera dove la guerra non è mai arrivata. Ho scoperto i nomadi kirghizi durante un trekking alla fine della spedizione, è stato quasi per caso. Vivono isolati sugli altopiani del Pamir in fondo alla valle. Ne sono rimasta molto colpita.

Sono tornata nei loro accampamenti da sola dopo sei anni nel cuore dell’inverno, avevo tanti ricordi e molte aspettative. Avevo letto di carovane di cammelli che scendono in inverno lungo fiumi gelati, volevo filmare questi viaggi che immaginavo epici e romantici. In realtà le carovane non scendono più e da tre anni nevica pochissimo.

Ho conosciuto un popolo rassegnato che a volte mi è sembrato anche cinico. Tra me e loro c’è stata una barriera di lingua, spesso un divario incolmabile, ma loro mi hanno lasciata entrare nel loro mondo ed io ho imparato a guardare. Il film è il racconto intimo di questo viaggio, una delle pochissime testimonianze della vita di questo popolo ignorato dal mondo moderno”.